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log01 e RCB presentano riflessioni su un centenario. La doppia natura della guerra. A cento anni dall’impiego del più potente mezzo di diffusione della musica.

28 luglio 1914. Vienna. Sorgente di una perturbazione che, come un fronte d’onda, si propagherà nel tessuto sociale trasportando l’energia di un processo tecnologico in continua espansione e che oggi permea gran parte della nostra realtà ‘moderna’.

Cento anni fa, la Prima Guerra Mondiale. Un’“esperienza di modernità”, prendendo in prestito le parole di Emilio Gentile, che la definisce una “..conseguenza della “modernizzazione”, intesa come l’insieme dei processi sociali che hanno portato alla nascita della società industriale di massa, alla urbanizzazione della popolazione, alla motorizzazione dei trasporti, alla velocizzazione delle comunicazioni, alla crescita delle funzioni dello stato nella vita collettiva..”

Una Guerra Nuova. Di massa, totale, industriale e tecnologica: “un corso accelerato e violento di modernità imposto a milioni di uomini in situazioni estreme di sradicamento e di minaccia per la vita, di sofferenza e di dolore” (A. Gibelli L’officina della guerra, Bollati Boringhieri, Torino 1998).

Una Guerra Nuova . Le cui esigenze, in continua evoluzione, variavano velocemente in funzione del potenziamento dei trasporti, delle comunicazioni, delle armi tecnologicamente sempre più sofisticate ed efficaci. Esplosivi chimici, gas asfissianti, aerei.. flotte sommergibili: inediti mezzi a disposizione delle nazioni coinvolte per affermare la supremazia.

Una metodologia bellica sperimentale, che richiedeva dinamismo e un continuo confronto tra logistica, tattica, strategia e organica, e tra le discipline militari e le avanguardie scientifico-tecnologiche.

Tra queste l’ingegneria elettronica applicata alle comunicazioni, con la radio al primo posto tra i prodotti di quella nuova tecnologia elettronica.

La radio. Una soluzione al problema della comunicazione senza fili. Emettere e ricevere segnali a distanza, senza il contatto diretto o l’uso di un mezzo intermedio, non era più una ‘magia’ o un miracolo di un lontano futuro ma una realtà.

Le teorie sulla trasmissione senza fili proposte da Maxwell, che intorno al 1860 postulava l’esistenza di onde elettromagnetiche studiandone le proprietà, e da Hertz, che fra il 1884 e il 1893 esplorandone la natura era riuscito a trasmettere impulsi elettromagnetici a una distanza di 6-8 metri, trovarono il loro primo sviluppo e applicazione nell’impiego militare.

Emettere e ricevere segnali a distanza fra due luoghi, nell’Oceano Atlantico, distanti fra di loro oltre 3000 chilometri, fu genio di Guglielmo Marconi che, nel 1901, realizzò il radiotelegrafo. Era il 12 dicembre e l’uomo comunicava un messaggio composto da tre punti (lettera S del codice Morse) a distanza, grazie al primo segnale radio transoceanico.

Un grosso passo avanti nell’affinamento delle tecniche di comunicazione si deve all’impiego del tubo elettronico a vuoto (una sorta di lampadina con all’interno dei filamenti), esso detto, anche valvola, risale al diodo di Fleming (1904) e al triodo con griglia (1906), ma vide un forte lancio nell’impiego di tecnologie a servizio della guerra, rendendo possibile il proliferare di invenzioni su cui oggi si basa la sfaccettata industria elettronica: radio, radar, apparecchi di registrazione, calcolatori, sistemi di controllo automatici, televisione..

Il triodo fu usato come raddrizzatore e come amplificatore. Alla vigilia della guerra fu impiegato anche come generatore di oscillazioni ad alta frequenza. L’impiego della valvola termoionica fu alla base del passaggio dalla radiotelegrafia alla radiofonia. L’amplificazione dei segnali elettrici, infatti, permetteva di trasmettere non più solo impulsi telegrafici, ma anche suoni, celebrando così l’inizio l’era della comunicazione di massa.

Alla radiofonia, e non solo, il periodo postbellico aprì le ampie prospettive di un futuro neppure mai immaginato. Era stato ormai piantato il seme del cambiamento sociale dovuto all’elaborazione, allo sviluppo e ella diffusione commerciale delle invenzioni elaborate in piena rivoluzione industriale, il cui impiego, ben oltre le aspettative dei suoi inventori, si diffuse in quella che sarebbe stata nominata l’“età dei miracoli economici”.

Ironica la natura umana quando all’origine dello sviluppo della tecnologia che sarà alla base del più potente mezzo di diffusione della musica “..una delle vie per le quali l’anima ritorna al cielo” -T. Tasso-, vi sono orrende vicende di crudeltà e morte di massa tra atroci sofferenze, di cui, per la prima volta nella sua storia, l’umanità sarà testimone.

Siamo negli anni Venti. Nasce la radio come mezzo di comunicazione di massa.

Dai bar, i primi ad ospitare questi nuovi apparecchi riceventi, assai bizzarri e di difficile sintonizzazione con stabilità di segnale più assente che rara, cominciavano a diffondersi i suoni, le canzoni, oltre che le notizie e i comunicati.

1920, siamo negli Stati Uniti e cominciano a diffondersi le trasmissioni regolari. Le vendite dei nuovi apparecchi cresceva esponenzialmente di anno in anno, da 100.000 a due milioni in tre anni. La radio si diffuse nelle famiglie senza distinzione di razza e di ceto.

La società andava incontro, guardandola negli occhi, alla sua svolta epocale.

10 cose che non sapevi di aver accettato

Terms of Service. In italiano: condizioni di utilizzo. Che poi è queldocumento formale che contiene direttive legali, termini, regole e permessi per usare un determinato servizio. Ok, stiamo parlando di quella roba noiosalunga, scritta con carattere 5, che acconsenti sempre senza leggere quando ti iscrivi a una piattaforma o un sito.

Ecco 10 cose che hai accettato probabilmente senza accorgertene (e che potrebbero cambiare il tuo utilizzo di questi canali).

Facebook

1. Hai dato il permesso di utilizzare le tue foto e video per qualsiasi cosa voglia
Al momento dell’iscrizione a Facebook hai dato la licenza alla compagnia per usare qualunque cosa tu pubblichi. Sostanzialmente tu possiedi le tue foto e video, ma Facebook può decidere di usarle come e quando vuole, dando anche il consenso a terzi. L’unico modo per revocare questa licenza è cancellare il contenuto da Facebook.

2. Non puoi iscriverti se sei stato condannato per violenza sessuale
Niente da aggiungere. Sei condannato per crimini legati al sesso?! Non puoi stare su Facebook.

3. Sei obbligato a tenere aggiornate le tue informazioni di contatto 
Quando ti sei iscritto a Facebook hai acconsentito di aggiornare sempre i tuoi dati di contatto. Se dovessi cambiare numero di telefono, per esempio, dovresti aggiornare Facebook entro 48 ore. Questo servirebbe a tenere al sicuro l’account.

Twitter

4. Cosa guardi quando sei su Twitter e come sei arrivato lì
L’informativa sulla privacy di Twitter consente alla compagnia di tener traccia del tuo indirizzo IP, del tuo browser, del sistema operativo, le pagine che hai visitato, la tua localizzazione, il tuo smartphone. Praticamente Twitter ti conosce meglio di tua madre.

5. Non puoi appropriarti con anticipo di uno username
Se stavi pensando di aprire un account Twitter per tuo figlio appena nato, sappi che Twitter non te lo consentirà. Twitter cancella gli account inattivi da 6-9 mesi, quindi cercare di accaparrarsi con anticipo uno username non ti servirà a molto.

Instagram

6. Su Instagram non puoi postare contenuti sessualmente allusivi
Questo cavillo sembra scontato. In realtà non si tratta della più banale nudità, ma di qualsiasi cosa che faccia supporre a qualcosa di velatamente sessuale. Fatevi un giro su Instagram e ditemi se è così restrittiva questa regola…

7. Non puoi mandare le tue idee a Instagram, poi se per sbaglio lo fai Instagram può usarle e non pagarti un centesimo
Loro lo dicono, eh: non si accettano contenuti, informazioni o idee che non siano state richieste esplicitamente dalla compagnia. Poi però se a qualcuno in Instagram le dovesse leggere e apprezzare, ecco, può appropriarsene senza darti un compenso per proprietà intellettuale.

LinkedIn

8. Non puoi aggiungere persone che non conosci veramente
Si sforzano ad alzare il tiro: solitamente non puoi aggiungere qualcuno su LinkedIn se non indichi una scuola o il luogo di lavoro in comune. Questo è anche reso esplicito nei termini della piattaforma. Probabilmente la regola meno seguita di sempre.

9. Non puoi promuovere la tua attività di escort o prostituta, anche nel caso dovesse essere legale nel paese dove vivi
Mettiamo caso che svolgi la professione più antica del mondo in modo legale e vuoi espandere il tuo business. Buon per te, ma LinkedIn non fa al caso tuo.

10. Non puoi mentire
L’onestà su LinkedIn non è auspicabile. È proprio obbligatoria.

Google porta la scuola online con Classroom

La piattaforma pensata per classi e docenti sfrutta tutti i servizi di Mountain View per assegnare compiti e consegnare elaborati senza dover mai stampare un solo foglio.  Che studenti e professori lo usassero già da un pezzo, era noto. Ma adesso Google comincia a fare sul serio, entrando a scuola dal portone principale.

Da qualche giorno è online Google Classroom, il portale che il gigante delle ricerche ha messo a disposizione del mondo della scuola. Lavori di gruppo e compiti per casa, “nulla sarà più come prima per studenti e professori”, promettono da Mountain View sul sito ufficiale del progetto. Gratuito e senza pubblicità, Classroom è uno strumento dedicato soprattutto agli insegnanti. Attraverso il portale, i docenti potranno creare e organizzare schede con i compiti per casa, anche a distanza, fornendo risposte e aiuto in tempo reale agli studenti. Con il classico Google Drive, invece, gli studenti potranno completare e consegnare i documenti sulla “nuvola” targata Big G, lo spazio virtuale da cui i docenti potranno successivamente prelevare i lavori. Ma il futuro è d’obbligo, dal momento che seppur già disponibile anche in Italia, il servizio viene attivato su richiesta e per invito. “Classroom è stato progettato insieme ai docenti per risparmiare tempo, mantenere organizzate le classi e migliorare la comunicazione con gli studenti”, spiega Google a proposito del portale. Tuttavia, al di là della rinnovata veste grafica e del lancio del sito nuovo di zecca, Classroom raccoglie soprattutto servizi già attivi, che negli anni Google aveva già rilasciato. Drive e la stessa Gmail sono i servizi riuniti all’interno del progetto Classroom, questa volta applicati al campo dell’istruzione.

Sfruttando Documents, ad esempio, Classroom consente al docente di creare un foglio singolo o distribuire automaticamente una copia per ciascuno studente, che sarà in grado di riconsegnare l’elaborato al professore direttamente sulla stessa piattaforma, in attesa di ricevere il voto finale. Tutto online, senza l’intermediazione di stampe e la distribuzione di carta, con il risparmio conseguente in termini di risorse economiche e tempo materiale. Allo stesso tempo, proprio come all’interno di un social network, Classroom consentirà ai docenti di inviare messaggi e domande alla classe, con gli studenti che potranno rispondere ai post pubblicati, o aiutare i compagni.

Zaccone: “Makers di 60 anni fa: storia di un grande innovatore italiano della musica elettronica”

Questa è una storia di circa 60 anni fa. Parla di un compositore italiano, Domenico Guaccero, di cui in questi giorni si è ricordato il trentesimo anniversario della scomparsa. Sembrerebbe strano raccontare una storia così passata in un blog che si chiama Che Futuro!, ma questa storia ci dice così tanto del rapporto tra l’Italia e l’innovazione tecnologica da risultare incredibilmente attuale.

Negli anni ’60, periodo di significativa innovazione e diffusione tecnologica, in tutta Europa nascevano importanti studi di Musica Elettronica attrezzati con costosi e complessi macchinari presso grandi enti quali Radio nazionali, Università e Centri di Ricerca industriale, studi che erano messi a disposizione dei musicisti per sperimentare e comporre musica con le nuove tecnologie. A Roma invece nulla sembrava muoversi, quantomeno in modo istituzionale.

Domenico Guaccero, un giovane compositore dalla formazione prettamente umanistica, allora poco più che trentenne, co-fondatore dell’associazione Nuova Consonanza, sentì l’urgenza di radunare i compositori e gli ingegneri attivi nella sperimentazione in tal senso per colmare questa lacuna.

Guaccero

L’evoluzione di questa esperienza è stata molteplice: a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 questo piccolo gruppo si era radunato, in mutevoli formazioni e sotto diversi nomi tra cui Studio di Fonologia di Roma, tra cantine private e aule di accademie troppo classiche per comprendere quanto stesse accadendo.

Quindi, a partire dal 1967, un gruppo di sette, (oltre a Guaccero, i musicisti Walter Branchi, Gino Marinuzzi Jr, Franco Evangelisti, Egisto Macchi e gli ingegneri Guido Guiducci e Paolo Ketoff) decise di autotassarsi per affittare un appartamento in cui mettere in condivisione le attrezzature, mixer, microfoni, altoparlanti, sintetizzatori, revox per nastri magnetici, che ciascuno possedeva o che essi stessi avevano costruito ed inventato raccogliendo le macchine dismesse dagli studi di registrazione per il cinema. Nasce così lo Studio Roma7, (in seguito Studio Roma10 con l’annessione di altri 3 soci tra cui il più famoso Ennio Morricone) che fu il primo studio privato autogestito di Musica Elettronica al mondo, basato “ante litteram” sui principi originali dell’open source e del coworking.

Infatti questo studio era uno spazio aperto per chi volesse, versando un contributo, utilizzare le macchine per la composizione musicale elettronica che non erano immediatamente accessibili a tutti i musicisti, sia per la complessità di utilizzo che per il costo. Qui furono realizzati la maggior parte dei nastri delle musiche per i documentari e i film brevi che in quegli anni venivano trasmessi dalla Rai. Ma al di là del ruolo che questo Studio ebbe nella produzione artistica musicale, probabilmente inferiore a quello di altri studi più affermati e istituzionali, l’SR7 ebbe un impatto “sociale” molto influente nella storia dell’innovazione romana, italiana e mondiale.

Nelle esperienze precedenti alla costituzione ufficiale dello SR7, fu inventato, costruito, e quindi utilizzato nello Studio, il primo sintetizzatore per il live al mondo, il SynKet di Paolo Ketoff, da cui Robert Moog, a Roma nel 1962, prese spunto per il suo più celebre synth modulare che tanto ha cambiato la storia della musica occidentale. Come spesso accade, la spinta decisiva a quest’invenzione fu data dall’esigenza di chi, non avendo a disposizione i fondi e gli spazi degli studi più istituzionali, dovette ricercare una soluzione più economica ed agile.

Nel 1972 l’SR10 si sciolse per ricostituirsi sempre sotto la guida di Guaccero ma con altri soci nello Studio 29a. Un giovanissimo Piero Schiavoni, ingegnere del suono tra i più innovatori in Italia, per garantire la sostenibilità dello studio e favorire la diffusione della registrazione musicale allora appannaggio dei grossi studi delle etichette discografiche, qui a partire dal 1978 creò quel modello commerciale di studio di registrazione privato ancora oggi molto diffuso.

Ma soprattutto, sotto la spinta di un grande didatta quale Guaccero era, insieme all’amico Franco Evangelisti, lo Studio divenne, senza soluzione di continuità, fulcro di formazione e divulgazione delle nuove tecnologie applicate al suono tanto da seminare in moltissimi giovani studenti, che altrimenti non avrebbero avuto opportunità, la passione e la conoscenza dell’elettronica musicale. Ogni sera presso lo Studio giovani compositori, studenti di conservatorio, artisti curiosi, si avvicendavano in esperienze didattiche pratiche che oggi chiameremmo workshop, lì dove i conservatori italiani avrebbero attrezzato studi di musica elettronica all’altezza non prima degli anni ’80.

In particolare egli seppe trasmettere a chi frequentava lo studio e le sue lezioni quel gusto artigianale che individuava nella ricerca elettronica, quella necessità che egli avvertiva di diventare musicisti-artigiani, costruttori della propria musica, tanto che Francesco Galante, tra i frequentatori del 29a, definisce quella di Guaccero una vera scuola romana di elettronica musicale artigianale.