
Negli Stati Uniti, oggi, 5mila scuole superiori possono disporre oggi di una stampante 3D. Il tutto grazie ad un progetto, MakerBot Academy, avviato da una collaborazione tra AutoDesk, America Makes e il portale di crowdfunding DonorChoose. In Italia, però, sono ancora pochissimi gli istituti che possono disporre di uno di questi strumenti d’avanguardia, in grado di creare oggetti in vari materiali – dall’Acido polilattico (Pla) all’acrilonitrile-butadiene-stirene (Abs) – partendo da un disegno tridimensionale realizzato a computer. Così, gli studenti della 3°B del Liceo Scientifico A. Roiti di Ferrara, per acquistare una stampante da mettere a disposizione della classe e dell’intero istituto, ha deciso di ricorrere al finanziamento dal basso. Lo ha fatto grazie a School Raising, la nuova piattaforma di crowdfunding dedicata alle scuole e ai progetti formativi, avviata alla fine del 2013 dal designer Guglielmo Apolloni e dal business developer Luca Talarico.
“Cambia la scuola con un click” è il motto di School Raising, che si pone l’obiettivo di attirare e valorizzare i talenti che gravitano all’esterno ed all’interno della scuola italiana: professori, dirigenti scolastici, alunni, ma anche genitori, associazioni, singoli ed imprese che mettono in campo capacità progettuali per cambiare e migliorare l’istruzione e il suo contesto. Sono loro i partner cui School Raising offre una piattaforma di crowdfunding verticale, pensata ad hoc per le scuole e i progetti legati a formazione ed educazione. “Noi mettiamo in gioco la nostra esperienza e la voglia di imparare assieme”, racconta a Wired Guglielmo Apolloni, co-fondatore di School Raising. “In Italia ci sono già circa 40 piattaforme di crowdfunding attive, ma nessuna di queste ha un taglio prettamente scolastico. Ora per noi l’importante è crescere: per farlo, abbiamo bisogno di lavorare spalla a spalla con i progettisti e con gli istituti, imparando assieme dai fallimenti e condividendo i successi”.
Per questo, i fondatori di School Raising si sono raccolti a Ferrara lo scorso 5 aprile, dove hanno festeggiato il successo della campagna di crowdfunding per la stampante 3D, per cui sono stati raccolti oltre 2mila euro. “Una delle parti migliori di questo progetto è la connessione che si costruisce tra studenti, insegnanti e finanziatori, che spesso i ragazzi vogliono ringraziare personalmente”, spiega Apolloni. Che su School Raising precisa: “È ancora un prototipo. Siamo partiti con tre progetti pilota ed ora stiamo sperimentando una campagna lampo e keep it all con 12 progetti focalizzati sul tema i maker di domani, finanziabili in venti giorni”, racconta il designer. “Questo per dire che siamo aperti alle realtà più disparate. L’unico vincolo è quello di avere già una scuola che abbia acconsentito a sviluppare il progetto in caso di finanziamento raggiunto. In seguito, tra il primo contatto e la pubblicazione del progetto sul portale, avviene una sorta di autoselezione che identifica i nostri partner. Sulla comunicazione, ci muoviamo sui nostri canali social ma anche attraverso i nostri network personali, per far conoscere School Raising in Italia ed attirare potenziali progettisti”.
Su School Raising, dunque, non ci sono limiti alle idee a ai progetti da proporre. Attualmente sul sito ce ne sono 15 attivi, e vanno da nuove attrezzature tecnologiche per le classi, ad esperimenti di robotica, alla creazione di una vera e propria orchestra: tutto quello che offre un valore aggiunto all’insegnamento è il benvenuto. Il rischio, se un rischio c’è, è forse quello di rendere semplicemente “digitali” le vecchie collette d’istituto, anziché creare un vero e proprio ecosistema di finanziatori trasversale che oltrepassi le mura della singola scuola. Per Apolloni, entrambe le vie sono virtuose, ma c’è un limite: «Non vedo negativamente l’ingresso del pagamento online all’interno delle collette di istituto. Detto questo, è ovvio il fatto che miriamo a raggiungere le proporzioni da crowdfunding classico, dove il 35% dei progetti è finanziato dalla prima cerchia di amici e parenti, mentre il restante 65% viene dalle cerchie più distanti. La leva per arrivare a questo risultato sono le ricompense. Miriamo infatti a portare gli alunni in cattedra, e condividere con i finanziatori quanto appreso grazie al finanziato. Questo sta avvenendo per esempio con il Liceo Roiti di Ferrara, ma anche all’interno del progetto Murphy, in chiusura nei prossimi giorni, dove due imprese finanziatrici hanno chiesto di portare il team di studenti in visita in fabbrica e di poter vedere il robot una volta ultimato lo sviluppo”.
Il progetto si propone di “ricostruire il tessuto relazionale tra scuola, cittadinanza e imprese“. Una missione che deve guardare, inevitabilmente, anche all’aspetto economico. “Provocatoriamente, direi che la maggiore difficoltà economica delle scuole italiane oggi sia dovuta alla difficoltà nel ripensare la scuola stessa: dovremmo iniziare ad immaginarci la scuola come un’istituzione porosa e permeabile al contesto glocale. Cittadini, associazioni, imprese ed istituzioni dovrebbero poter interagire con la scuola, identificandola non solo come luogo di formazione dei cittadini di domani, ma anche di formazione dei cittadini di oggi. Pensate all’ultima volta che avete imparato qualcosa da uno studente, bambino o adolescente che fosse. Bene, se è successo molto tempo fa, o con poca frequenza, non significa che gli studenti non hanno nulla da insegnare, ma che forse non ne hanno avuto occasione: e questa occasione non deve arrivare per forza e solo dalla scuola della nostra città”, conclude Apolloni. “Ovviamente non è solo questo. Due progetti su tre menzionano apertamente il taglio dei fondi. Ma chissà che da questa difficoltà non emerga un’opportunità per la scuola stessa”.